Archivi tag: Giornata

Federica e l’anoressia: “credevo di poter mantenere il controllo”

La causa non esiste… e non è il fisico che non va; il corpo è solo un tramite attraverso cui manifesto il mio disagio e il mio dolore”. Oggi, 15 marzo, ricorre la Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla dedicata all’anoressia, alla bulimia e agli altri disturbi della nutrizione e dell’alimentazione. Sienasociale.it, al fine di promuovere la cultura dell’ascolto, proporrà storie di vita legate a questi temi. La prima protagonista è Federica:  una bellissima ragazza di 28 anni di Poggibonsi, che studia scienze dell’infanzia e lavora presso un asilo nido.

Sceglie di raccontarci la sua storia con delicatezza e precisione e con il tono di voce che a volte si abbassa quasi a voler essere discreta.

Ci racconta che è sempre stata una ragazza precisa, preparata e perfezionista, che amava emergere rispetto alla media delle sue coetanee, anche a scuola. L’approvazione degli insegnanti data dai bei voti, dall’impegno scolastico e dalla sua buona condotta, avallavano queste sue caratteristiche, così come nel suo sport, il pattinaggio artistico: sempre attenta e rispettosa della disciplina e piena di orgoglio perché il fisico tonico e muscoloso le rispondeva dandole soddisfazione!

Durante il terzo anno del liceo classico accade un episodio che la destabilizza un po’. Federica prende un brutto voto in latino: un fatto che le fa vacillare alcune certezze; contemporaneamente, un giorno a casa dei nonni, si accorge di avere dei “rotolini di troppo” che le causano fastidio. Decide di mettersi a dieta. Da principio mangia limitando solo le quantità di cibo, ma successivamente, grazie alla mamma Monica infermiera, decide di farsi seguire da una dietologa che la asseconda e le formula un regime alimentare ristretto, ma adatto alla sua età ed al suo stile di vita. Il fisico di Federica risponde subito alla dieta tanto che nel giro di breve, arriva all’obiettivo del peso forma. Ma nonostante la dietologa le confermi che può tornare ad alimentarsi normalmente, Federica non rispetta l’accordo e continua a mangiare poco e a dimagrire. “Credevo di poter mantenere il controllo della situazione” ci dice.

Nell’estate del 2012 al mare con alcune amiche si rende conto che di fronte ad ogni offerta di mangiare in compagnia (un gelato, una colazione…) la sua risposta è sì sempre “no grazie”. Le amiche si accorgono delle continue negazioni e le consigliano una terapia con una psicologa, che forse potrebbe aiutarla.

La nostra amica inizia così un percorso di terapia che però non la porta a migliorare. La situazione, che purtroppo degenera, la porta a perdere più di 20 kg e ad un ricovero presso un centro per il trattamento dei disturbi alimentari, prima a Firenze e poi ad Arezzo.

Federica, così come la sua mamma Monica, tiene a precisare che di disturbi alimentari e delle malattie correlate, si parla troppo poco e male; suggerisce di fare informazione nelle scuole, parlare ai giovani di educazione alimentare, perché è proprio la fascia adolescenziale ad essere la più colpita. E poi creare degli sportelli di ascolto per i giovani, in cui anche un piccolo disagio, un piccolo campanello d’allarme può essere ascoltato da un professionista e preso in tempo, prima che sia troppo tardi.

Un dato allarmante, aggiornato al febbraio 2023 ci giunge dal Ministero della Salute: In Italia vi è una crescita straordinaria di casi di adolescenti affetti da disturbi alimentari (1 ragazzo/a su 3); e questo non è un dato da ignorare e a cui non dare ascolto. Purtroppo inoltre, questo disagio è esteso anche a tanti adulti che, come tutti, hanno bisogno di aiuto e di supporto.

La colazione al bar di Federica, una “coccola” con mamma e babbo

Oggi Federica sta meglio rispetto al passato ma confessa che occasionalmente incappa in delle scivolate … “non è facile uscirne e purtroppo ogni tanto scivolo… “, ma la vicinanza della famiglia che non l’ha mai abbandonata in tutto il percorso intrapreso e la professionalità, la dolcezza e la costante presenza del personale sanitario della struttura di Arezzo, la stanno aiutando a vedere la luce e a trovare la voglia di programmare il suo futuro.

Forza Federica, sei una meravigliosa creatura e sarai da esempio per tante ragazze in difficoltà!

Stefania Ingino

“Pesavo 34 chili ma mi vedevo grassa” la storia di Maria Vittoria

Oggi, 15 marzo, ricorre la Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla dedicata all’anoressia, alla bulimia e agli altri disturbi della nutrizione e dell’alimentazione. Sienasociale.it, al fine di promuovere la cultura dell’ascolto, proporrà storie di vita legate a questi temi. Ecco le testimonianze della scrittrice Maria Vittoria Strappafelci , che ha vissuto il problema “sulla sua pelle”, e dell’Associazione Il Girasole che aiuta i più fragili.

Il 15 marzo ricorre la Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla, contro i disturbi del comportamento alimentare, nata undici anni fa, grazie all’iniziativa di Stefano Tavilla, padre di Giulia, morta a 17 anni a causa della bulimia.

L’obiettivo di questa iniziativa è stato fin da allora quello di porre attenzione alle strategie per prevenire e combattere un fenomeno che richiede interventi tempestivi e che la pandemia da Covid ha moltiplicato. Il Fiocchetto Lilla è simbolo delle storie di coloro che hanno vissuto queste malattie in prima persona e che, dopo essere a lungo rimasti nell’isolamento e nel silenzio, si sono uniti per dar fiducia a chi ancora si trova ad affrontare la malattia perché, dicono, dai disturbi del comportamento alimentare si può guarire.

Convinta della possibilità di uscire dal tunnel rappresentato dai disturbi del comportamento alimentare è la scrittrice Maria Vittoria Strappafelci, che narra la sua dolorosa vicenda a lieto fine in un libro, “Il digiuno dell’anima: una storia di anoressia”, edito da Kimerik, e che abbiamo voluto ascoltare.

Perché hai voluto scrivere questo libro, diverso da tutti gli altri che poi hai pubblicato?

Ho voluto far conoscere il problema dell’anoressia e della bulimia. Credo, infatti, che di ciò non si parli mai abbastanza. Certo, per me scrivere è stato anche terapeutico, ma quando io, dopo sforzi inumani, ne sono uscita, mi sono sentita in dovere di fare in modo che il maggior numero di persone, anche quelle che di fronte a questa malattia si girano dall’altra parte, non potessero più dire che non sapevano.

“Il titolo del tuo libro è fortemente evocativo…”

Ho scelto un titolo che comunicasse fin da subito al lettore il vuoto che vive chi si ammala di questi disturbi che portano al silenzio delle emozioni. La persona che soffre di questi disturbi, DCA li chiamano, non nutrono il fisico perché anche l’anima non si nutre più dei sentimenti.”

Come succede che una giovane, ma oggi il fenomeno non risparmia neppure i maschi, precipiti in questa condizione?”

Nel mio caso, ho iniziato a soffrire psicologicamente quando, io e mio fratello molto piccoli, mio padre si ammalò e fu curato lontano da casa: lui e mia madre si trasferirono per lunghi periodi lasciandoci affidati ad altri. Io vivevo quei periodi come un vero e proprio abbandono. Poi mio padre dovette smettere di lavorare e io, appena conclusa la scuola media, dovetti rinunciare a studiare per lavorare. Per me fu un dolore enorme, mi faceva sentire diversa ed infelice. A diciotto anni caddi in depressione e smisi di magiare. Nessuno allora parlava di anoressia, mi curarono  con psicofarmaci, ma non coglievano l’essenza del problema. Inoltre, molti apprezzavano la mia magrezza e io ne ero lusingata: lì scattò il meccanismo che ruppe l’equilibrio tra corpo e mente; lo specchio iniziò a restituirmi una visione distorta di me: pesavo trentaquattro chili, ma io mi vedevo grassa. Non lo sapevo, ma avevo imboccato una strada che per tanti, soprattutto nel passato, è stata senza ritorno.”

“E invece ci tieni a sottolineare che il tuo libro è un inno di speranza.

Sì, perché io sono stata fortunata e vorrei che potessero essere tutti quelli che di questa malattia si ammalano. Una notte, in un periodo in cui ero affetta da bulimia, vidi la morte in faccia: da sola a casa, mentre vomitavo, svenni. Mi ripresi a fatica e in quel momento scattò in me la consapevolezza che stavo distruggendomi; volevo uscirne, ma da sola era difficile. Mi vergognavo di confessare ai miei genitori che soffrivo di questi disturbi e cercavo soluzioni al di fuori della cerchia famigliare. Poi, un giorno finalmente, mio fratello mi minacciò dicendomi che dovevo smetterla di comportarmi così. Fu un pugno nello stomaco, duro da sopportare, ma che indicava che lui, e anche i miei, si preoccupavano, che non ero trasparente. Esistevo!”

Il libro scritto da Maria Vittoria

digiuno dell’anima una storia di anoressia. Il libro scritto da Maria Vittoria

Chi ti ha aiutata?”

Sono entrata in terapia presso un centro specializzato. Prima hanno dovuto farmi imparare a mangiare e dopo è iniziato un periodo di psicoterapia. Ci sono voluti altri anni, ma ce l’ho fatta e oggi posso dichiararmi guarita. E testimoniare, con la mia storia, che la possibilità di uscire da quel tunnel c’è. Questa malattia è un demone, un mostro, ma se si trova il bandolo della matassa, se ne esce.”

Che cosa suggeriresti alle ragazze che oggi si trovano nella tua situazione?”

Di non vergognarsi. Di parlare fin da subito, soprattutto in famiglia, che deve essere il primo sostegno per questi malati. E poi di chiedere subito di essere ricoverate in un centro specializzato. Oggi ce ne sono tanti e aiutano moltissimo.”

Ma quelle stesse famiglie, a cui accenna la scrittrice Strappafelci, si trovano ad affrontare il demone, il mostro, senza avere chiaro cosa fare.

Per aiutare queste famiglie da sei anni a Siena esiste la sezione locale dell’associazione “Il Girasole”, nata precedentemente a Spoleto, il cui referente senese è Fabrizio Padrini, che conosce per esperienza personale (felicemente conclusa) tutte le problematiche connesse ai disturbi del comportamento alimentare.

La nostra sezione è nata all’interno del reparto di pediatria dell’Ospedale senese, grazie ad un progetto triennale a suo tempo finanziato dai gruppi dei donatori di sangue delle Contrade. Il progetto prevedeva la collaborazione di un team medico (psicologo, pediatra, endocrinologo, specialisti e personale infermieristico) per curare i ragazzi che soffrivano di questo disturbo e di volontari che si incontravano con i genitori. Oggi il progetto originale si è concluso e alcune attività hanno avuto bisogno di essere rimodulate ed adattate, ma noi del Girasole continuiamo la nostra attività che si esplica in supporto alle famiglie. Si tratta di un gruppo di auto-aiuto aperto e rivolto ai genitori di ragazzi e ragazze con questa patologia.”

Quali sono i suggerimenti che potrebbe dare a un genitore che si accorga che il proprio figlio manifesta disturbi del comportamento alimentare?:

“I genitori che si trovano per la prima volta di fronte a questo problema sono disorientati e non sanno dove andare. Quando colgono i segnali, e non è detto che lo facciano subito perché questi ragazzi sono bravi a confondere le cose, innanzitutto dovrebbero rivolgersi al proprio pediatra poi anche ad un’associazione come la nostra. Mi sentirei di dire di evitare di rivolgersi unicamente a nutrizionisti o dietologi, perché il disturbo del comportamento alimentare è prima di tutto un problema di carattere psicologico.”

Quando vengono da voi, che problemi hanno i genitori?”

Innanzitutto, si sentono in colpa, per esempio per non essere stati capaci di cogliere i segnali ma anche perché spesso si indica la responsabilità della malattia negli stili di vita dei genitori, che è una cosa assurda. E’ vero che la maggior parte di questi ragazzi sono perfezionisti, ma non necessariamente perché rispondono alle aspettative delle famiglie. Molti di loro sono così e poi, oggi, l’attività social amplifica queste loro caratteristiche. Però, per una somma di motivi, questi genitori si sentono sbagliati e diversi e così finiscono per isolarsi evitando ogni forma di socializzazione che invece potrebbe aiutarli.”

Oggi ricorre la Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla, simbolo della possibilità di guarigione dai disturbi del comportamento alimentare. Che cosa si sente di dire a chi oggi sta ancora vivendo questo problema?”

Che non perdano il coraggio, che non si vergognino, perché quella che ha colpito i loro figli è una malattia, e sentirsi unici responsabili non fa bene né a loro, né ai figli. E, infine che, abbiano fiducia perché è una malattia da cui si guarisce. Oggi ci sono tante strutture, anche specializzate, che si occupano di questi pazienti ma non tutte (… anzi forse nessuna!) accetta pazienti in situazione di gravità fisica, cosa che invece una struttura ospedaliera – come quella che esiste a Siena – può fare, e in modo eccellente.. Io stesso sono un esempio di genitore che ha seguito positivamente questo percorso e adesso continuo in questa attività con l’associazione Il Girasole per sostenere e dare fiducia e speranza ad altri che sono ora come io fui nel passato.”

Come ogni ricorrenza, l’augurio è che l’attenzione su questo problema non si spenga il giorno successivo, ma continui e si diffonda la consapevolezza che permetta ad ognuno di scorgere i segnali nei giovani affinché né chi è entrato nel tunnel né le loro famiglie si sentano soli.

Per saperne di più

https://www.associazioneilgirasole.it/

Marina Berti

(Nella foto di copertina Maria Vittoria)

 

 

 

Una Croce particolare si può vedere a Siena

La Croce che porta con sé la prima Giornata Mondiale della Gioventù

Una Croce particolare è presente a Siena. Contiene, incastonata, una piccola parte di quella che è stata la prima Croce della Giornata Mondiale della Gioventù. E’ la “Croce Itinerante della GMG”. E’ oggi visionabile presso la parrocchia di San Bernardo Tolomei di Siena. Da domani sarà visionabile presso le chiese di Siena nord.

Domani sarà portata presso San Bernardino da Siena in Badesse, San Giovanni Battista a Lornano. Dal 12 marzo al 19 marzo sosta presso SS Marcellino ed Erasmo in Uopini, San Dalmazio. La settimana successiva sarà possibile vederla presso B. Anna Maria Taigi Vico Alto e B. Ambrogio Sansedoni in Belverde. Fine mese presso Maria SS Poggio Al Vento, Sant’Ansano a Marciano. La prima settimana di aprile presso San Miniato alle Scotte.

Ricordiamo che la prima Giornata Mondiale della Gioventù fu indetta da Papa Giovanni Paolo II nel lontano 1985. un po’ di quel famoso giorno è giunto, fino ad oggi, a noi.

 

“Il senso di essere volontario”. Fare rete per il malato

Oggi, 20 febbraio, ricorre la terza “Giornata nazionale del personale sanitario, sociosanitario, socio-assistenziale e del volontariato”. Il senso di essere volontari in ambito sanitario lo abbiamo chiesto ad una persona che ha fatto della vicinanza ai più fragili autentica ragione di vita. Ecco cosa ci ha detto Vanna Galli presidente di QuaViO odv (Qualità della Vita in Oncologia)

Dal 2004 sono volontaria della QuaVio Odv, che offre gratuitamente servizi socio sanitari alle persone affette da malattie oncologiche e neurologiche degenerative.

L’impegno dell’associazione si dispiega principalmente nell’assistenza domiciliare, ma anche in strutture territoriali, a cominciare dall’Hospice.

Fare questa esperienza di volontariato significa accompagnare il malato e i suoi familiari verso l’esito finale, che è comprensibilmente la morte.

Accompagnare non vuole dire fare compagnia, o almeno, non solo. Accompagnare è farsi compagni di un viaggio che potrebbe essere angoscioso e oscuro se non guidato e sostenuto con strumenti che permettono di stare al fianco della persona in maniera da garantirle serenità d’animo, pace interna ed esterna. Questo è l’obiettivo che il volontario si dà.

La QuaViO Odv è convenzionata con la Usl Toscana Sud Est e fa parte dell’Unità di Cure Palliative. Il suo ruolo prevalente  è quello dell’assistenza psicosociale, ma molto importante, anche se meno visibile, è il ruolo di  collegamento che si adopera a tenere fra tutti i medici che assistono la persona malata: specialisti ospedalieri, medici di famiglia, medici palliativisti e infermieri.

Oggi questo aspetto è diventato di primaria importanza perché il malato, nel momento della cessazione delle chemio o immunoterapie, non sia lasciato solo e senza alcun punto di riferimento. La continuità assistenziale è questione complessa e non è esauribile con un numero telefonico.

Le sfide che oggi ci troviamo ad affrontare partono proprio da questo punto, il fare rete, come prevede la Legge 38 del 2010. Per realizzare una vera continuità assistenziale Ospedale/Territorio dobbiamo affrontare una seconda sfida che riguarda l’informazione, la formazione e la divulgazione di una nuova cultura che ripensa il morire e il vivere.

Vanna Galli

(nella foto la  presidente di QuaViO odv, Vanna Galli, insieme alla dottoressa Antonia Loiacono responsabile delle cure palliative per Siena e alla dottoressa Debora Nicolini psiconcologa)

Sienasociale.it in questa giornata particolare rivolge il ringraziamento più sentito a quanti si dedicano ai malati. 

 

“TUTTI RARI tutti in piazza” flashmob a Siena

Il 28 febbraio si celebra la Giornata delle Malattie Rare, un evento mondiale che ha l’obiettivo di aumentare la consapevolezza delle malattie rare e del loro effetto sulla vita dei pazienti che ne sono affetti. Codini e Occhiali, associazione senese, ha organizzato per l’occasione un flash mob per bambini. Il nostro quotidiano media partner dell’iniziativa 

Ma chi sono i “rari” ? Sono quei pazienti colpiti da malattie che colpiscono un numero ristretto di persone, rare appunto, e di conseguenza generano problemi specifici legati alla loro rarità. Il limite stabilito in Europa è di una persona affetta ogni 2.000. Tuttavia, queste patologie nel loro insieme costituiscono un problema sanitario importante, interessando un numero di cittadini e di famiglie non indifferente.

Per ricordare l’importanza dell’appartamento, ecco ie parole di Iolanda Morabito presidente di Codini e Occhiali: “il 28 di febbraio 2023 alle h 17.00 ci troveremo in Piazza del Campo a Siena. Sono benvenuti tutti, i bambini ed i loro genitori! – continua Morabito – Vogliamo sensibilizzare tutti: i “rari” non devono sentirsi diversi, hanno semplicemente qualche particolare distintivo in più, ma è proprio quel particolare che li rende unici!

Il flash mob “TUTTI RARI, tutti in piazza!” sarà un momento di condivisione, di pura gioia. L’associazione invita le mamme delle bambine a legare i capelli con dei codini. Per tutti, si raccomanda di indossare occhiali (di qualsiasi tipo).

Il nostro quotidiano è media partner dell’iniziativa.

Al termine dell’evento verranno offerte frittelle di riso per tutti. 

Locandina dell'evento

Locandina dell’evento

#tuttirarituttiinpiazza #codinieocchiali #cohen #sindromedicohen #cohenfoundation

Per saperne di più

www.codinieocchiali.it

“Giornata del malato”: ma la malattia è davvero una lotta?

Oggi si celebra la Giornata mondiale del malato. E’ una ricorrenza della chiesa cattolica  in cui vengono diffusi ancora di più messaggi di speranza e amore nei confronti di tutte le persone che stanno vivendo un momento delicato e non sono in salute. Ma la malattia è davvero una lotta? E’ una domanda che abbiamo posto a QuaViO odv associazione senese che, da più di 30 anni, si occupa di cure palliative e, dunque, di qualità della vita fino all’ultimo istante. Ecco come ci hanno risposto Rosangela Palmas volontaria di QuaViO odv e coordinatrice del gruppo AMA (Auto Mutuo Aiuto) e Vanna Galli presidente di QuaViO odv

Sono stata sollecitata a scrivere due righe per la giornata mondiale contro il cancro e ho scritto sul disvalore, a mio giudizio, di considerare la malattia come una guerra da combattere e da vincere.

Troppo spesso quando si narrano esperienze di malattie gravi si avvicina il termine guerra al tentativo della persona di reagire e “combattere” la malattia. Il malato diventa un guerriero e viene incitato a esprimere le sue migliori “forze” per reagire.

Certo, la predisposizione della persona è essenziale e può fare la differenza, ma talvolta la malattia va avanti comunque fine al suo più estremo epilogo. E quindi questi guerrieri hanno perso o non hanno saputo lottare? I loro cari non sono stati in grado di aiutarli e dar loro la giusta motivazione?

Il concetto di lotta è figlio del nostro tempo, che esalta il benessere e relega la sofferenza e la malattia a qualcosa da “risolvere” in breve e possibilmente senza troppo disturbo per gli altri. Ovviamente con il lieto fine. Per cui devi combattere e vincere. Punto.

Il malato di cancro, soprattutto quando la malattia viene diagnosticata in stadio avanzato, è debole, lo assale una grande stanchezza e sente un’enorme fatica. Il suo desiderio spesso è quello di riposare, perché deve affrontare il dolore fisico e morale, la paura sua e quella dei suoi cari. Se c’è amore intorno a lui, spesso diventa quasi una gara a farsi coraggio a vicenda, nascondendo il proprio terrore e ispirando lui speranza ai suoi cari. Poi ci sono le terapie che debilitano talvolta in modo molto grave, togliendo ogni energia e straziando il corpo e l’anima.

Di fronte a tutto questo, il malato deve sentirsi stimolato a lottare? Mai a mio giudizio termine fu meno appropriato. La malattia per me non è una battaglia da vincere senza prigionieri e il malato ha il diritto di non essere forte, di avere paura, di chiedere un disperato aiuto, di sentire anche di non farcela. La lotta presuppone che il malato “debba” farcela, comunque lui senta e comunque si senta. E invece quello è il momento in cui ha più diritto di sentire anche di volersi arrendere, di aver bisogno di urlare la sua fragilità.

E’ il momento in cui a lottare dovrebbero essere altri per lui, senza aggiungere al dolore e alla paura anche il senso di colpa e di inadeguatezza. Il decorso della malattia appartiene alla scienza, ma diventa poi misterioso il suo procedere. Situazioni analoghe hanno epiloghi totalmente diversi. Non si può generalizzare e pensare che basti “lottare” per farcela. E quando la via è segnata, meno che mai si può chiedere al malato di “lottare”, di trovare dentro di sé forze che non ha più, facendogli sentire colpe che non ha. Piuttosto, è il momento della dolcezza, della comprensione, della compagnia, dell’ascolto. Non deve più sentirsi coraggioso e forte, ma amato. Accompagnato con comprensione e rispetto.

Questo è a mio giudizio il grande valore delle cure palliative, per una malattia e un fine vita dignitosi, consapevoli, in un percorso che lascia umanità fino all’ultimo istante.

Rosangela Palmas volontaria di QuaViO odv e coordinatrice del gruppo AMA (Auto Mutuo Aiuto)

Il tema centrale del vivere la malattia è qualcosa su cui bisognerebbe continuare a riflettere perché in questo punto, nella lotta che è guerra e perciò distruttiva e non vita, sì debole, ma costruttiva, sta la grande differenza del significato che diamo alla vita.

Ha ragione la cara Rosangela che  ha affrontato con le giuste parole un concetto difficile. Confesso che, soprattutto nei primi anni di vicinanza al malato, riuscivo a vedere emergere nei suoi giorni solo la lotta, ed era agonia. Solo in seguito ho potuto distinguere una sorta di vita lottata, ma vita, vissuta comunque essenzialmente al livello fisico. Se non si riesce a fare un salto uscendo dai confini della nostra fisiologia, per aprirci a nuove esperienze di apprendimenti, di incontri con noi stessi e con gli altri, di gioia, di affetti, di mente, di anima e di spirito, se cadiamo preda della paura soltanto e della lotta di una parte del nostro corpo contro un’altra parte di esso stesso, la vita che resta diventa agonia.

Parola questa che tutti temiamo, quando vediamo una persona che lotta contro il suo male, contro il suo corpo, contro una parte di sé, che diventa il tutto di sé, e soffoca tutte le altre potenzialità creative.
La vita è vita sempre e va vissuta con apertura delle mente e del cuore.

Vanna Galli, Presidente di QuaViO odv (Qualità della Vita in Oncologia)

Per saperne di più

www.quavio.org

il volontariato nel percorso di cura

Giornata del malato: pazienti e volontariato per la cura

In occasione della giornata mondiale del malato, cittadini e associazioni protagonisti. Sabato 11 febbraio, dalle ore 9.30 alle 13, un evento di confronto e partecipazione al Santa Maria della Scala. Santa Messa in ospedale presieduta dal Cardinale Augusto Paolo Lojudice (ore 15, aula 6 del Centro didattico)

Una giornata dedicata al valore del coinvolgimento per accendere i riflettori sulle progettualità innovative di partecipazione dei pazienti e del volontariato nei percorsi di cura all’interno dell’ospedale Santa Maria alle Scotte, e per confrontarsi con altre realtà sanitarie.

Questi gli obiettivi dell’evento che si terrà sabato 11 febbraio, con il patrocinio del Comune di Siena, in occasione della Giornata Mondiale del malato, dalle ore 9.30 alle 13, nella Sala Italo Calvino del Santa Maria della Scala: si tratta della prima giornata del coinvolgimento dei pazienti e del volontariato nei percorsi di cura dell’Aou Senese.

Durante l’evento saranno presentate esperienze e progetti, con volontariato e cittadini protagonisti insieme ai professionisti delle Scotte e con il coinvolgimento delle istituzioni. Parteciperanno anche altre realtà sanitarie, per un confronto costruttivo sulle buone pratiche: ASL4 Liguria, ASL Bologna, ospedale Humanitas, Aou Meyer, Azienda Usl Toscana sudest.

Saranno presenti anche il Presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani e l’Assessore regionale Simone Bezzini. Un’iniziativa, fortemente voluta dall’Aou Senese in concerto con il mondo del volontariato, e tutti gli stakeholders, aperta a tutta la cittadinanza, previa prenotazione via email a comunicazione@ao-siena.toscana.it.
«L’Aou Senese ha avviato da tempo un percorso di coinvolgimento dei cittadini attraverso le associazioni che li rappresentato e grazie alla grande collaborazione con il Comitato di Partecipazione – sottolinea il direttore generale, il professor Antonio Barretta -. Coinvolgere i pazienti e il volontariato nei percorsi di cura è il modo migliore per renderli più consapevoli e migliorare la qualità dei servizi insieme a loro. Vogliamo che questo evento diventi un appuntamento annuale proprio in occasione della Giornata del Malato – aggiunge Barretta –: perché è importante assumere il punto di vista del paziente per cercare di fare sempre meglio».

Sempre in occasione della Giornata del Malato, sabato 11 febbraio, alle ore 15 nell’aula 6 del Centro didattico dell’Aou Senese, Sua Eminenza il Cardinale Augusto Paolo Lojudice celebrerà la Santa Messa e, successivamente, farà visita ai pazienti ricoverati presso la Stroke Unit.

“Il sorriso di un figlio vale più di tutte le paure di sua madre”: Paola e la giornata disabili

“Quando alla nascita seppi che Andrea era un piccolo, bellissimo bambino Down non avrei immaginato del bello che stava per portare nella nostra vita”. Paola Lucentini Bisconti, presidente di “Le Bollicine” che partecipano a “Si-Sienasociale la coprogettazione che tanto vale”, parla della giornata dei disabili celebrata ieri

Per natura non credo molto nelle giornate di commemorazione: la giornata appena trascorsa non la sento come ricorrenza .

Ho il timore che, purtroppo, finché sentiremo il bisogno di dedicare alle persone con disabilita delle giornate  come quella di ieri, avremo chiaro il segnale che c’è ancora bisogno di tanto lavoro,  che non le viviamo con sentimenti di reprocità sentendoli  parte integrante di un insieme .

Trovo il senso in  tale celebrazione solo se  vissuta come momento di riflessione: tanti temi, tanta strada fatta e tanta da fare .

Quando alla nascita seppi che Andrea era un piccolo, bellissimo bambino Down non avrei immaginato del bello che stava per portare nella nostra vita: attraverso lui, abbiamo conosciuto persone ,mondi, realtà  sfidanti, abbiamo intrapreso percorsi impegnativi con successi e delusioni. Abbiamo lavorato sulle autonomie personali,  intrapreso percorsi prima scolastici poi  lavorativi ma, soprattutto, lo abbiamo ascoltato. Un ascolto attivo, al suo fianco perché potesse realizzare il suo progetto di vita.

Tutto questo rientra in una quotidianità costante: il
desiderio di oggi è che, in una società che si reputa civile ed evoluta, Andrea e le persone con disabilità siano cittadini attivi .

Nella società che sogno c’è  dignità e rispetto dando ad ognuno la possibilità di essere felici. Avere gli strumenti e le possibilità per sfruttare le proprie potenzialità anche attraverso un lessico adeguato: l’uso o l’accettazione passiva di termini inappropriati finisce per dare percezioni errate  della realtà.

Io  non sono e non mi sento mamma di persona disabile ma di persona con disabilità. Disabile significa ” persona senza abilità”: ad Andrea mancano delle abilità ma ne ha tante altre e ritengo doveroso l’attenzione all’uso di  termini che  rispettino la sua persona.

Non credo neppure in narrazioni che vedono la persona descritta come “vittima” nè altrettanto neppure  come “eroe”o con  sensazionalismo.
La cosa migliore ritengo sia   raccontare la “normalità” dell’individuo, della sua vita,del suo contesto,del sue essere.

Giornata volontariato: raccontati a “Otaria la volontaria”

La redazione di Sienasociale.it, in occasione della giornata internazionale del volontariato che ricorrerà lunedì 5 dicembre, invita le volontarie e i volontari delle associazioni della provincia senese a raccontarsi a “Otaria la volontaria” il personaggio che parla di altruismo e solidarietà con le parole di Elisa Mariotti e al tocco magico di matita di Elisa Bigio

Poche e semplici informazioni richieste per quello che, sin dalle prime ore dal suo lancio più o meno informale, ha cominciato a rivelarsi un esperimento sociale interessante: raccontarsi aiuta a conoscersi, condividere, fare rete.

Cosa devi fare per partecipare? Abbiamo bisogno che tu ci scriva il tuo nome e il nome dell’associazione di appartenenza, la professione che svolgi, da quanto tempo sei volontario e quale è il tuo ruolo in associazione. Vorremmo che tu ci raccontassi perché hai cominciato, quale è la motivazione che ti spinge a farlo oggi e quali sono i motivi per cui si dovrebbe fare volontariato.

Puoi scriverci nei commenti oppure su WhatsApp al numero 339 6618517. Puoi mandarci una tua foto, insomma scegliere di essere protagonista.

Otaria la volontaria ti aspetta!

Valdelsadonna: “non possiamo restare in silenzio”

Riceviamo e pubblichiamo il significativo messaggio della Presidente di Valdelsadonna. È il nostro modo per far sentire realmente da che parte stiamo. Grazie ad Antonella Lomonaco

Noi di Valdelsadonna siamo impegnate nella battaglia per la vita su un altro fronte ma siamo anche donne che non possono rimanere in silenzio in una giornata come questa.

Oggi 25 Novembre 2022 essere ancora costretti a combattere la battaglia contro la violenza sulle donne ci comunica un senso di frustrazione. In una società nella quale si parla con insistenza delle conquiste ottenute dal mondo femminile per un’indipendenza economica e sociale, per un rapporto di reciprocità con il mondo maschile, per la parità di genere, per la tutela dei propri diritti fra i quali la libertà e l’autodeterminazione, dobbiamo purtroppo prendere atto che la battaglia più importante non è stata ancora vinta.

Si parla di dati che indicano i femminicidi in aumento rispetto allo scorso anno ma oltre a questi drammatici eventi il nostro pensiero va alla violenza psicologica che tante donne sono costrette a subire in ambito familiare e lavorativo. Una violenza che si consuma spesso nel silenzio e nell’abitudine consolidata di gesti e parole che feriscono l’anima.

Noi siamo convinte che questa battaglia sarà vinta grazie anche alle testimonianze di donne forti che hanno rifiutato di genuflettersi a costo della loro stessa vita.

Antonella Lomonaco (Presidente di Valdelsadonna)

Per saperne di più

da Monsanto a Isole e Olena – Il castello della Paneretta