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Coinvolgimento di pazienti e volontariato nei percorsi di cura: oggi l’evento
La “Giornata del coinvolgimento di pazienti e volontariato nei percorsi di cura” è in programma oggi, sabato 18 marzo, ore 9.30 a Siena presso Santa Maria della Scala, Sala “Italo Calvino”
Oggi sabato 18 marzo, dalle ore 9.30 alle 13, nella Sala “Italo Calvino” del complesso museale Santa Maria della Scala di Siena, si tiene la Giornata del coinvolgimento dei pazienti e volontariato nei percorsi di cura.
Prima dell’avvio dei lavori si svolgerà una conferenza stampa per presentare progettualità ed esperienze che vedono protagonisti il mondo del volontariato e i cittadini che afferiscono all’Aou Senese, con il coinvolgimento dei professionisti e delle istituzioni.
Partecipano all’incontro con la stampa:
• Antonio Barretta, direttore generale Aou Senese
• Simone Bezzini, assessore Diritto alla Salute della Regione Toscana
• Luigi De Mossi, sindaco di Siena
• Roberto Di Pietra, rettore Università di Siena
• Paolo Petralia, vicepresidente nazionale vicario della Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere (FIASO) e Direttore generale della ASL 4 Liguria

Consiglio Direttivo della Delegazione Cesvot: domani a Siena
Si riunisce domani il Consiglio Direttivo della Delegazione di Siena. Alle ore 16.00, presso Sala Maccherini – Palazzo Berlinghieri del Comune di Siena in piazza del Campo 7/8, i 18 eletti si incontreranno
829 realtà aventi diritto al voto (276 organizzazioni di volontariato, 376 associazioni di promozione sociale, 71 imprese sociali, 98 onlus, un ente filantropico e ulteriori 7 enti iscritti al Registro nazionale del terzo settore): il nuovo consiglio direttivo proverà a rappresentarle tutte con il compito di individuare le esigenze del territorio contribuendo alla definizione degli indirizzi e degli obiettivi del programma annuale di attività di Cesvot, impegnato a dare servizi gratuiti per promuovere, sostenere e sviluppare il volontariato in Toscana.
“Il mondo del terzo settore conferma ogni giorno il suo fondamentale ruolo nel garantire un diffuso welfare di comunità” ha affermato Luigi Paccosi, presidente Cesvot. “Per questo eleggere le nuove squadre territoriali non è solo un mero esercizio di democrazia ma permette ai soggetti che operano nel settore di determinare la strada da seguire e quindi dare un’impronta al futuro della società, in un periodo particolarmente difficile”.
“La forza di Cesvot sono le delegazioni territoriali, che riescono ad essere vicine alle esigenze dei territori, animate da squadre caratterizzate da competenza e passione” ha commentato il presidente senese uscente Viro Pacconi.
Fin da ora Sienasociale.it – il diario del terzo settore senese augura al nuovo direttivo buon lavoro
nella foto un’immagine della organizzazione di volontariato “Codini e Occhiali”, che recentemente, ha organizzato un flashmob per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema delle malattie rare. Sarà una delle realtà rappresentate dalla delegazione senese

Collega_Menti: successo del secondo incontro

“Lottare senza paura di chiedere aiuto” la storia di Noemi
In occasione della giornata nazionale dei disturbi alimentari, ci scrive Noemi Perosillo che, dopo anni di sofferenza e di silenzio, ha compreso che alla sua malattia doveva solo dare accoglienza e trasformarla in una risorsa di vita di cui parlare senza alcuna vergogna per riprendere finalmente la sua vita in mano, con lo sguardo verso il futuro. Ecco la sua storia.
Grazie al mio disturbo alimentare posso dire di avercela fatta: probabilmente senza quella “Cosa”, ora, non sarei qui. Quando ci sei dentro sembra impossibile uscirne, perché quegli schemi, le tabelle, gli orari e i pensieri sono così totalizzanti da annientare tutto ciò che esula da cibo, peso e corpo. È il caos, dentro e fuori
Mi chiamo Noemi e sono una dietista. Due anni fa mi sono laureata discutendo una tesi che ho scritto a mani instabili, vacillante tra i ricordi, il dolore e la soddisfazione di poter dire che sì, sono guarita. Mi chiedevo di continuo se quell’inferno sarebbe mai finito… Se sarebbe mai arrivato il giorno in cui sarei riuscita a comprare qualcosa dagli scaffali del supermercato senza controllare ossessivamente l’etichetta dei valori nutrizionali o in cui avrei smesso di contare mentalmente le kcal di ogni singolo pasto. Mi chiedevo come sarebbe andata dopo, chi sarei diventata, ma soprattutto, come?
Nel pieno del mio disturbo mi sentivo totalmente impotente, schiacciata e sottomessa da quel parassita, ma non riuscivo a comprendere perché, in fondo, fossi d’accordo con quella condizione. Era un po’ come se lo meritassi, di stare male… Come se quello fosse il mio destino, come se ormai non ci fosse altra via d’uscita.
Ero confusa, scissa in due parti contrapposte e in continua lotta. Ero anche tremendamente stanca e durante gli anni ho capito, con tanta fatica, che il cambiamento era necessario: ho capito che non si trattava solo di “mettere” peso, ma di recuperare: vita, sorrisi, pensieri positivi, prospettive e speranze. Non sapevo quanto tempo ci avrei impiegato: forse sarebbe accaduto prima di quanto pensassi, forse non sarebbe mai accaduto e avrei imparato a convivere con quelle paure.
Dovevo provare, senza darmi per vita se avessi fallito la prima, magari anche la seconda o la terza volta. Dovevo continuare a lottare, a testa alta, senza aver paura di chiedere aiuto, accettando anche i momenti negativi, le apparenti ricadute, i pianti e gli attacchi di panico. Sapevo che il futuro avrebbe potuto riempirsi di opportunità, di nuove esperienze e di vita vera, se solo glielo avessi permesso.
Un disturbo alimentare continuerà a pesare, forse per sempre.
Non ti manca, ma ogni tanto ci pensi.
Lo ritrovi inconsciamente in tutti quei gesti e situazioni che sono tornati ad essere normalità, ma che per un lungo periodo hanno creato crisi, pensieri intrusivi e totalizzanti su tutto il resto. In tutti quei contesti di gioia e condivisione che, col disturbo, diventavano tormento.
La guarigione è un processo in divenire che non smette mai di arricchirsi grazie a nuove esperienze e alla capacità di mettersi in gioco, rischiare, buttarsi consapevolmente all’interno delle circostanze. Ancora oggi non so darmi una risposta di come sia andata realmente.
So che ci sono giorni in cui continuo a vincere, giorni in cui sorrido e giorni in cui mi addormento piangendo. Ma ho imparato ad abbracciarmi un po’ di più, a sussurrarmi qualche parola di conforto, anche quando quei demoni tornano a bussare e l’abisso sembra l’unico posto in cui è possibile respirare un po’.
Sei quella cicatrice che sentirò per sempre, anche se non si vede. Ti ho trasformata in una risorsa importante per me stessa e per gli altri. Non avrai più spazio nella mia vita, ma ci sarai. Per godere meglio delle piccole cose.
Un respiro, la vita.
Noemi Perosillo
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Federica e l’anoressia: “credevo di poter mantenere il controllo”
“La causa non esiste… e non è il fisico che non va; il corpo è solo un tramite attraverso cui manifesto il mio disagio e il mio dolore”. Oggi, 15 marzo, ricorre la Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla dedicata all’anoressia, alla bulimia e agli altri disturbi della nutrizione e dell’alimentazione. Sienasociale.it, al fine di promuovere la cultura dell’ascolto, proporrà storie di vita legate a questi temi. La prima protagonista è Federica: una bellissima ragazza di 28 anni di Poggibonsi, che studia scienze dell’infanzia e lavora presso un asilo nido.
Sceglie di raccontarci la sua storia con delicatezza e precisione e con il tono di voce che a volte si abbassa quasi a voler essere discreta.
Ci racconta che è sempre stata una ragazza precisa, preparata e perfezionista, che amava emergere rispetto alla media delle sue coetanee, anche a scuola. L’approvazione degli insegnanti data dai bei voti, dall’impegno scolastico e dalla sua buona condotta, avallavano queste sue caratteristiche, così come nel suo sport, il pattinaggio artistico: sempre attenta e rispettosa della disciplina e piena di orgoglio perché il fisico tonico e muscoloso le rispondeva dandole soddisfazione!
Durante il terzo anno del liceo classico accade un episodio che la destabilizza un po’. Federica prende un brutto voto in latino: un fatto che le fa vacillare alcune certezze; contemporaneamente, un giorno a casa dei nonni, si accorge di avere dei “rotolini di troppo” che le causano fastidio. Decide di mettersi a dieta. Da principio mangia limitando solo le quantità di cibo, ma successivamente, grazie alla mamma Monica infermiera, decide di farsi seguire da una dietologa che la asseconda e le formula un regime alimentare ristretto, ma adatto alla sua età ed al suo stile di vita. Il fisico di Federica risponde subito alla dieta tanto che nel giro di breve, arriva all’obiettivo del peso forma. Ma nonostante la dietologa le confermi che può tornare ad alimentarsi normalmente, Federica non rispetta l’accordo e continua a mangiare poco e a dimagrire. “Credevo di poter mantenere il controllo della situazione” ci dice.
Nell’estate del 2012 al mare con alcune amiche si rende conto che di fronte ad ogni offerta di mangiare in compagnia (un gelato, una colazione…) la sua risposta è sì sempre “no grazie”. Le amiche si accorgono delle continue negazioni e le consigliano una terapia con una psicologa, che forse potrebbe aiutarla.
La nostra amica inizia così un percorso di terapia che però non la porta a migliorare. La situazione, che purtroppo degenera, la porta a perdere più di 20 kg e ad un ricovero presso un centro per il trattamento dei disturbi alimentari, prima a Firenze e poi ad Arezzo.
Federica, così come la sua mamma Monica, tiene a precisare che di disturbi alimentari e delle malattie correlate, si parla troppo poco e male; suggerisce di fare informazione nelle scuole, parlare ai giovani di educazione alimentare, perché è proprio la fascia adolescenziale ad essere la più colpita. E poi creare degli sportelli di ascolto per i giovani, in cui anche un piccolo disagio, un piccolo campanello d’allarme può essere ascoltato da un professionista e preso in tempo, prima che sia troppo tardi.
Un dato allarmante, aggiornato al febbraio 2023 ci giunge dal Ministero della Salute: In Italia vi è una crescita straordinaria di casi di adolescenti affetti da disturbi alimentari (1 ragazzo/a su 3); e questo non è un dato da ignorare e a cui non dare ascolto. Purtroppo inoltre, questo disagio è esteso anche a tanti adulti che, come tutti, hanno bisogno di aiuto e di supporto.

La colazione al bar di Federica, una “coccola” con mamma e babbo
Oggi Federica sta meglio rispetto al passato ma confessa che occasionalmente incappa in delle scivolate … “non è facile uscirne e purtroppo ogni tanto scivolo… “, ma la vicinanza della famiglia che non l’ha mai abbandonata in tutto il percorso intrapreso e la professionalità, la dolcezza e la costante presenza del personale sanitario della struttura di Arezzo, la stanno aiutando a vedere la luce e a trovare la voglia di programmare il suo futuro.
Forza Federica, sei una meravigliosa creatura e sarai da esempio per tante ragazze in difficoltà!
Stefania Ingino

“Pesavo 34 chili ma mi vedevo grassa” la storia di Maria Vittoria
Oggi, 15 marzo, ricorre la Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla dedicata all’anoressia, alla bulimia e agli altri disturbi della nutrizione e dell’alimentazione. Sienasociale.it, al fine di promuovere la cultura dell’ascolto, proporrà storie di vita legate a questi temi. Ecco le testimonianze della scrittrice Maria Vittoria Strappafelci , che ha vissuto il problema “sulla sua pelle”, e dell’Associazione Il Girasole che aiuta i più fragili.
Il 15 marzo ricorre la Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla, contro i disturbi del comportamento alimentare, nata undici anni fa, grazie all’iniziativa di Stefano Tavilla, padre di Giulia, morta a 17 anni a causa della bulimia.
L’obiettivo di questa iniziativa è stato fin da allora quello di porre attenzione alle strategie per prevenire e combattere un fenomeno che richiede interventi tempestivi e che la pandemia da Covid ha moltiplicato. Il Fiocchetto Lilla è simbolo delle storie di coloro che hanno vissuto queste malattie in prima persona e che, dopo essere a lungo rimasti nell’isolamento e nel silenzio, si sono uniti per dar fiducia a chi ancora si trova ad affrontare la malattia perché, dicono, dai disturbi del comportamento alimentare si può guarire.
Convinta della possibilità di uscire dal tunnel rappresentato dai disturbi del comportamento alimentare è la scrittrice Maria Vittoria Strappafelci, che narra la sua dolorosa vicenda a lieto fine in un libro, “Il digiuno dell’anima: una storia di anoressia”, edito da Kimerik, e che abbiamo voluto ascoltare.
“Perché hai voluto scrivere questo libro, diverso da tutti gli altri che poi hai pubblicato?”
“Ho voluto far conoscere il problema dell’anoressia e della bulimia. Credo, infatti, che di ciò non si parli mai abbastanza. Certo, per me scrivere è stato anche terapeutico, ma quando io, dopo sforzi inumani, ne sono uscita, mi sono sentita in dovere di fare in modo che il maggior numero di persone, anche quelle che di fronte a questa malattia si girano dall’altra parte, non potessero più dire che non sapevano.”
“Il titolo del tuo libro è fortemente evocativo…”
“Ho scelto un titolo che comunicasse fin da subito al lettore il vuoto che vive chi si ammala di questi disturbi che portano al silenzio delle emozioni. La persona che soffre di questi disturbi, DCA li chiamano, non nutrono il fisico perché anche l’anima non si nutre più dei sentimenti.”
“Come succede che una giovane, ma oggi il fenomeno non risparmia neppure i maschi, precipiti in questa condizione?”
“Nel mio caso, ho iniziato a soffrire psicologicamente quando, io e mio fratello molto piccoli, mio padre si ammalò e fu curato lontano da casa: lui e mia madre si trasferirono per lunghi periodi lasciandoci affidati ad altri. Io vivevo quei periodi come un vero e proprio abbandono. Poi mio padre dovette smettere di lavorare e io, appena conclusa la scuola media, dovetti rinunciare a studiare per lavorare. Per me fu un dolore enorme, mi faceva sentire diversa ed infelice. A diciotto anni caddi in depressione e smisi di magiare. Nessuno allora parlava di anoressia, mi curarono con psicofarmaci, ma non coglievano l’essenza del problema. Inoltre, molti apprezzavano la mia magrezza e io ne ero lusingata: lì scattò il meccanismo che ruppe l’equilibrio tra corpo e mente; lo specchio iniziò a restituirmi una visione distorta di me: pesavo trentaquattro chili, ma io mi vedevo grassa. Non lo sapevo, ma avevo imboccato una strada che per tanti, soprattutto nel passato, è stata senza ritorno.”
“E invece ci tieni a sottolineare che il tuo libro è un inno di speranza.”
“Sì, perché io sono stata fortunata e vorrei che potessero essere tutti quelli che di questa malattia si ammalano. Una notte, in un periodo in cui ero affetta da bulimia, vidi la morte in faccia: da sola a casa, mentre vomitavo, svenni. Mi ripresi a fatica e in quel momento scattò in me la consapevolezza che stavo distruggendomi; volevo uscirne, ma da sola era difficile. Mi vergognavo di confessare ai miei genitori che soffrivo di questi disturbi e cercavo soluzioni al di fuori della cerchia famigliare. Poi, un giorno finalmente, mio fratello mi minacciò dicendomi che dovevo smetterla di comportarmi così. Fu un pugno nello stomaco, duro da sopportare, ma che indicava che lui, e anche i miei, si preoccupavano, che non ero trasparente. Esistevo!”

digiuno dell’anima una storia di anoressia. Il libro scritto da Maria Vittoria
“Chi ti ha aiutata?”
“Sono entrata in terapia presso un centro specializzato. Prima hanno dovuto farmi imparare a mangiare e dopo è iniziato un periodo di psicoterapia. Ci sono voluti altri anni, ma ce l’ho fatta e oggi posso dichiararmi guarita. E testimoniare, con la mia storia, che la possibilità di uscire da quel tunnel c’è. Questa malattia è un demone, un mostro, ma se si trova il bandolo della matassa, se ne esce.”
“Che cosa suggeriresti alle ragazze che oggi si trovano nella tua situazione?”
“Di non vergognarsi. Di parlare fin da subito, soprattutto in famiglia, che deve essere il primo sostegno per questi malati. E poi di chiedere subito di essere ricoverate in un centro specializzato. Oggi ce ne sono tanti e aiutano moltissimo.”
Ma quelle stesse famiglie, a cui accenna la scrittrice Strappafelci, si trovano ad affrontare il demone, il mostro, senza avere chiaro cosa fare.
Per aiutare queste famiglie da sei anni a Siena esiste la sezione locale dell’associazione “Il Girasole”, nata precedentemente a Spoleto, il cui referente senese è Fabrizio Padrini, che conosce per esperienza personale (felicemente conclusa) tutte le problematiche connesse ai disturbi del comportamento alimentare.
“La nostra sezione è nata all’interno del reparto di pediatria dell’Ospedale senese, grazie ad un progetto triennale a suo tempo finanziato dai gruppi dei donatori di sangue delle Contrade. Il progetto prevedeva la collaborazione di un team medico (psicologo, pediatra, endocrinologo, specialisti e personale infermieristico) per curare i ragazzi che soffrivano di questo disturbo e di volontari che si incontravano con i genitori. Oggi il progetto originale si è concluso e alcune attività hanno avuto bisogno di essere rimodulate ed adattate, ma noi del Girasole continuiamo la nostra attività che si esplica in supporto alle famiglie. Si tratta di un gruppo di auto-aiuto aperto e rivolto ai genitori di ragazzi e ragazze con questa patologia.”
“Quali sono i suggerimenti che potrebbe dare a un genitore che si accorga che il proprio figlio manifesta disturbi del comportamento alimentare?:
“I genitori che si trovano per la prima volta di fronte a questo problema sono disorientati e non sanno dove andare. Quando colgono i segnali, e non è detto che lo facciano subito perché questi ragazzi sono bravi a confondere le cose, innanzitutto dovrebbero rivolgersi al proprio pediatra poi anche ad un’associazione come la nostra. Mi sentirei di dire di evitare di rivolgersi unicamente a nutrizionisti o dietologi, perché il disturbo del comportamento alimentare è prima di tutto un problema di carattere psicologico.”
“Quando vengono da voi, che problemi hanno i genitori?”
“Innanzitutto, si sentono in colpa, per esempio per non essere stati capaci di cogliere i segnali ma anche perché spesso si indica la responsabilità della malattia negli stili di vita dei genitori, che è una cosa assurda. E’ vero che la maggior parte di questi ragazzi sono perfezionisti, ma non necessariamente perché rispondono alle aspettative delle famiglie. Molti di loro sono così e poi, oggi, l’attività social amplifica queste loro caratteristiche. Però, per una somma di motivi, questi genitori si sentono sbagliati e diversi e così finiscono per isolarsi evitando ogni forma di socializzazione che invece potrebbe aiutarli.”
“Oggi ricorre la Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla, simbolo della possibilità di guarigione dai disturbi del comportamento alimentare. Che cosa si sente di dire a chi oggi sta ancora vivendo questo problema?”
“Che non perdano il coraggio, che non si vergognino, perché quella che ha colpito i loro figli è una malattia, e sentirsi unici responsabili non fa bene né a loro, né ai figli. E, infine che, abbiano fiducia perché è una malattia da cui si guarisce. Oggi ci sono tante strutture, anche specializzate, che si occupano di questi pazienti ma non tutte (… anzi forse nessuna!) accetta pazienti in situazione di gravità fisica, cosa che invece una struttura ospedaliera – come quella che esiste a Siena – può fare, e in modo eccellente.. Io stesso sono un esempio di genitore che ha seguito positivamente questo percorso e adesso continuo in questa attività con l’associazione Il Girasole per sostenere e dare fiducia e speranza ad altri che sono ora come io fui nel passato.”
Come ogni ricorrenza, l’augurio è che l’attenzione su questo problema non si spenga il giorno successivo, ma continui e si diffonda la consapevolezza che permetta ad ognuno di scorgere i segnali nei giovani affinché né chi è entrato nel tunnel né le loro famiglie si sentano soli.
Per saperne di più
https://www.associazioneilgirasole.it/
Marina Berti
(Nella foto di copertina Maria Vittoria)

Juri Gorelli è Cavaliere al Merito della Repubblica
Un riconoscimento meritato che giunge dopo anni dedicati alla cultura delle prevenzione. Un impegno non solo in città e provincia ma anche a livello nazionale che ha consentito a “Siena Cuore”, organizzazione di volontariato di cui Gorelli è presidente, di farsi conoscere quale realtà seria e fondamentale per il terzo settore. Congratulazioni giunte anche dalla delegata Anioc Siena Maura Marchionni (Associazione Nazionale Insigniti Onoreficenze Cavalleresche).
Un uomo grande dal cuore grande. Juri Gorelli, per chi non lo conosce, è questo. Professionista della sanità, padre esemplare, volontario instancabile a servizio a servizio di una causa fondamentale: sensibilizzare e promuovere l’impiego dei defibrillatori con iniziative di informazione e la donazione di apparecchi acquistati attraverso la raccolta di fondi.
Parlare con Juri significa capire di più della la cultura della Defibrillazione Precoce (metodica che consente di riattivare l’attività cardiaca dopo un arresto cardiaco, tramite un defibrillatore automatico). Parlare con Juri significa comprendere che certi riconoscimenti si guadagnano sul “campo”: oggi Siena è un po’ più ricca.

Il sorriso di Daniela è “casa” in ospedale: 800 mamme accolte
La Casa Accoglienza della Fondazione Danilo Nannini , attiva dal mese di aprile 2016, ha come suo obiettivo primario quello di ospitare mamme con bambini ricoverati in Terapia Intensiva Neonatale per permettere loro di stare vicine ai loro piccoli in maniera continuativa e soggiornando in un ambiente confortevole pensato appositamente per il genitore. La Presidente della Fondazione è Daniela Ceccarelli.
Gabriele Galgani – socio fondatore della Fondazione Danilo Nannini – ci racconta la storia di Melania, una bimba di Napoli da poco dimessa dal reparto di pediatria della AOUS Le Scotte di Siena e che ha lasciato all’interno della struttura un’impronta positiva unitamente al suo sorriso partenopeo. “Melania è una bambina di Napoli di 12 anni che ci ha stupito per la sua simpatia, la sua straordinaria forza ed il sorriso contagioso. È tornata a casa con la sua famiglia dopo un periodo di ospedalizzazione a seguito di una patologia curata dall’equipe medica della clinica pediatrica che l’ha presa in carico. Finalmente ora, potrà iniziare un percorso di cura a casa”.
Melania ha potuto contare sulla vicinanza dei suoi genitori e della sorella maggiore Anna. Il tutto grazie all’ospitalità ricevuta presso la Casa Accoglienza della Fondazione Danilo Nannini per la donna e il bambino ETS (situata al quarto lotto all’interno del dipartimento della donna e del bambino), non è stata mai lasciata sola.

Melania con la sua famiglia e Gabriele Galgani
Durante il ricovero in ospedale l’aspetto emotivo e psicologico dei pazienti ricoverati – oltreché la fragilità fisica data dalla malattia – è messo a dura prova dalla paura e dalle cure mediche, ma anche la distanza dalla famiglia spesso non semplifica il percorso ospedaliero.
I valori della Fondazione sono di sviluppare metodi appropriati per ridurre gli impatti negativi conseguenti a nascite premature o complesse, di migliorare le cure favorendo la vicinanza della madre e l’implementazione del latte materno, sostenere la madre e abbattere lo stress dovuto alla pendolarità.
La struttura dispone di sei camere doppie e una camera singola, tutte con bagno interno ed alcuni ambienti comuni. I locali sono finalizzati ad accogliere familiari di sesso femminile dei piccoli ricoverati, donne mastectomizzate dimesse che però vivono lontano e che necessitano di periodi di controllo e riposo, ed eventualmente familiari di pazienti provenienti da percorsi umanitari che necessitano di accoglienza.
All’interno della struttura opera Gabriele Galgani che coordina la Casa Accoglienza insieme alla Presidente della Fondazione Daniela Ceccarelli. Unitamente al Consiglio di Amministrazione ed al Consiglio di Indirizzo vengono stabilite e organizzate le linee guida e le priorità organizzative.

Daniela Ceccarelli Presidente Fondazione Danilo Nannini
La Fondazione Danilo Nannini e la Casa Accoglienza hanno accolto finora quasi 800 mamme di ogni etnia. La ristrutturazione dei locali è stata possibile grazie a una donazione della famiglia Nannini, donazioni di privati e soci fondatori. Inoltre, diversi Direttori Generali della AOUS e anche l’attuale, prof. Davide Antonio Barretta, hanno sempre condiviso e creduto nel progetto dimostrando sensibilità, umanità e collaborazione.
Per ulteriori informazioni fondazionedanilonannini@gmail.com
Stefania Ingino

Bruno moderno centurione a Siena
“Lo faccio perché mi piace l’idea di distrarre le persone regalando spensieratezza. Giro per la città con tutti i previsti permessi”. Nella Siena che non smette di stupire, una storia che non ha tempo per la gioia dei più piccoli.
Bruno è nato nel 1942 ed ama il passato. Per questo, dal primo marzo, interpreta un moderno centurione imperiale guardia del corpo dell’imperatore.
“È un modo per passare il mio tempo libero. Tutto nasce dal fatto che sono sempre stato attratto dai simboli: vede il pettorale? C’è una medusa che, come la mitologia racconta, fulminava con un solo sguardo“.
Funzionario del ministero dell’interno poi ha lavorato per la conservazione di beni antichi come pergamene, papiri.
“Ho 3 figli uno a Roma e 2, entrambi veterinari, in Inghilterra”.
Sono le 10.51 di una domenica mattina. “Ora la lascio. Siena mi aspetta”.